Provincia di Latina
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Città di Aprilia

Lo stemma

stemma città di Aprilia

Lo stemma di una città riflette le peculiarità, le tradizioni del suo territorio, della sua storia, rappresentando, attraverso figure e colori scelti per il loro significato simbolico, i valori sui quali la città è stata concepita e nei quali una intera comunità si riconosce, perché assimilatati nel corso delle generazioni e degli eventi che ne hanno caratterizzato il passato. Aprilia, come gli altri comuni di fondazione dell’Agro Pontino è il risultato di un intervento massiccio e invasivo dell’uomo che, attraverso la bonifica tentata per più volte nel corso della storia ma realizzata solo nel secolo passato, ha modificato sostanzialmente un ambiente ostile all’uomo e al suo insediamento, convertendolo alle sue esigenze economiche, politiche e strategiche. Si tratta di uno scenario completamente nuovo rispetto ad origini molto più antiche vantate da moltissimi altri comuni italiani che, nati a partire dal Medioevo, trovarono la base vitale per la genesi dei relativi stemmi civici nelle insegne dei signori che dominavano i loro territori, o in miti legati alla loro fondazione, o ancora negli stilemi architettonici di torri, castelli, abbazie e altri monumenti che ne tratteggiarono i connotati e tutt’oggi ne costituiscono il fascino. Il processo di composizione delle insegne araldiche di Aprilia è stato fortemente condizionato dall’assenza di una storia civica o di miti fondatori cui appellarsi, prevalendo dunque inevitabilmente l’aspetto politico e ideologico, insieme al nome stesso imposto alla Città, scelto per il suo valore simbolico.

Lo stemma della Città di Aprilia si caratterizza come un’arma «parlante», più specificamente diremmo «alludente», in quanto le figure che lo caratterizzano, le 5 rondini che si stagliano su un campo di cielo, richiamano in maniera allusiva il nome stesso della Città, che è legato alla fondazione nel mese di Aprile (del 1936).  Quarta città dell’Agro Pontino bonificato (dopo Littoria, oggi Latina, quindi Sabaudia e Pontinia), il nome che le fu imposto suona come fortemente augurale poiché allude all’«aprirsi» del luogo ad una nuova vita. Presso l’Archivio Centrale dello Stato si trova un documento a firma dell’Architetto Oriolo Frezzotti, autore del piano regolatore di Latina e degli edifici pubblici di Pontinia e anche di alcuni a Sabaudia. In una cartella presente nel fondo relativo al Comune di Pontinia si trova un appunto manoscritto dello stesso Frezzotti che descrive l’origine del nome dei centri dell’Agro Pontino. Secondo tale documento la descrizione dell’origine del nome di Aprilia, sulla quale si basa l’iconografia simbolica dello stemma della Città, è da individuarsi – similmente agli altri comuni pontini di nuova fondazione – come aggettivo del sostantivo civitas, per cui Aprilia civitas è «la città dell’Aprile o della Primavera».

Il primo bozzetto acquerellato dello stemma del nuovo centro dell’Agro Pontino fu predisposto da Araldo di Crollalanza, presidente dell’O.N.C. (Opera Nazionale Combattenti), e erede di una famiglia di insigni araldisti che contribuirono tra la fine del XIX sec. e l’inizio del XX a un aggiornamento in Italia della scienza del blasone. Il Crollalanza spedì il bozzetto, realizzato su un cartoncino di tipo bristol di dimensioni 24 per 32 centimetri, il 2 ottobre del 1937: esso consisteva in uno scudo azzurro su cui erano presenti cinque rondini nere sormontate dal Capo del Littorio, che in base alle leggi allora in vigore (R.D. n. 1440 del 12 ottobre 1933) doveva completare gli stemmi civici e che era di rosso con fascio littorio d’oro, circondato da due rami di quercia e d’alloro annodati da un nastro dei colori nazionali. Tra il capo e il campo principale vi era un «filetto d’argento». Tale presenza si giustificava probabilmente ai fini di una corretta sintassi araldica, per evitare quello che in termine tecnico si direbbe un «cucito», vale a dire l’accostamento diretto tra di loro di due dei cinque «colori» (rosso, azzurro, verde, porpora, nero) o dei due «metalli» (oro e argento) contemplati come «smalti» propri dall’araldica. In questo caso per evitare l’accostamento tra il rosso del capo littorio e l’azzurro del campo principale. Simile accortezza non è riscontrabile negli originali stemmi degli altri comuni pontini che pure furono costituiti nelle loro versioni al tempo del regime fascista da uno scudo d’azzurro. Lo scudo del bozzetto per lo stemma di Aprilia era infine sormontato da una corona color giallo-oro e ornato ai fianchi e in punta da un listello bicolore giallo e verde.

Nell’istanza di richiesta indirizzata dal Commissario prefettizio (che ad Aprilia assolveva alle funzioni del Podestà) al Re Vittorio Emanuele III, oltre al disegno a colore dello stemma, furono indicati i criteri seguiti per la composizione simbolico-raffigurativa dello stemma comunale. Ne emergeva da una parte come lo stemma volesse illustrare il nome di Aprilia, e dall’altra come per tale composizione mancava una simbologia precedente a cui appellarsi, anche in relazione dell’origine artificiale del territorio su cui sorgeva il nuovo Comune, ultimo dei quattro di fondazione dell’Agro Pontino bonificato. Si legge infatti nella deliberazione n. 4 datata 28 gennaio 1938: «Lo stemma ed i colori del Comune di Aprilia non hanno e non possono avere riferimenti storici in quanto il Comune è sorto il 25 Aprile del 1936 con R.D. nr. 669. Essi hanno, invece, un significato tutto ideale. L’azzurro e le rondini vogliono richiamare la primavera, in armonia col nome della città, coì come la stessa toponomastica, con nomi di piante e di fiori, sta a testimoniare il ritorno alla vita, il rifiorire della giovinezza in queste plaghe che solo la volontà di un Uomo e la genialità possente di un capo hanno potuto restituire al lavoro fecondo». Non manca nella motivazione della simbologia adottata l’esaltazione del regime fascista, sebbene gli elementi della composizione araldica non siano direttamente evocativi dell’ideologia fascista (al contrario di quanto era osservabile invece negli stemmi delle altre città dell’Agro Pontino, almeno nella loro originaria versione, poi modificata con l’avvento della Repubblica). Più fortemente connesso con la realizzazione dello stemma risulta il nome della città, quel nome che ne doveva rappresentare la vocazione, l’indole e la natura.  Anche se un velato riferimento al nome del fondatore della Città sembra non mancare nello stemma. Esso è dato dalla disposizione delle rondini che non sembra affatto casuale. Infatti le rondini tracciano idealmente una lettera M maiuscola considerate insieme all’andamento perpendicolare dei fianchi dello scudo (soprattutto se visto nella forma che questo aveva nel bozzetto originale). Tale stratagemma del richiamo al nome di Mussolini era più esplicito nella prima versione dello stemma di Pontinia, nel campo del quale si innalzava un melo attraversato alla base da una pala e accostato da due fasci littori, essi e il melo uniti da un nastro rosso chiaramente posto a formare una M (non più osservabile nella versione attuale dello stemma che conserva solo il melo e la pala). Un richiamo del genere si trovava anche nell’originario stemma di Sabaudia, nel quale campeggiava un’aquila caricata da uno scudo sabaudo e posata su tre monti che, per numero e disposizione, accennavano ad una lettera M.

Merita attenzione anche l’aspetto grafico del bozzetto. Questo rispecchiava lo stile e le espressioni grafiche dell’epoca, ricordando canoni estetici propri dell’architettura razionalista – secondo i nuovi ed inediti criteri della quale era stata concepita l’urbanistica di Aprilia – e mostrando l’influsso del movimento artistico-culturale futurista. Infatti l’impianto grafico del disegno era caratterizzato da un aspetto stilizzato e di gusto dinamico, soprattutto a motivo della forma arcuata dello scudo, evidenziata dal movimento del nastro decorativo, oltre che dalla corona turrita, che non corrispondeva alla grafica propria della corona araldica codificata per gli stemmi civici ma ne era una libera più moderna interpretazione, pur conservandone indubbiamente la funzione di contrassegno. Di fatto, il bozzetto non era corrispondente alle regole stabilite in materia araldica. Lo scudo doveva essere di forma sannitica, mentre troviamo una libera interpretazione della sua foggia, per quanto interessante potesse essere il suo stile; il nastro decorativo era un vezzo che non poteva avere spazio dovendo gli elementi esterni allo scudo avere solo il ruolo identificativo del rango dell’ente territoriale; la corona turrita manteneva solo un vago aspetto della corona muraria che era prescritta per gli stemmi civici. Anche se non conforme alle regole araldiche, lo stemma civico campeggiava, in una versione scultorea realizzata secondo le fattezze del bozzetto originario e con tanto di nastro decorativo, all’ingresso dell’arengario, andato distrutto insieme alla torre civica con i bombardamenti che hanno duramente provato la Città. La stessa raffigurazione proposta per la concessione, in stile più contemporaneo e non rispondente alla foggia poi effettivamente concessa, si trova sulla medaglia commemorativa coniata per Aprilia, raffigurante da un lato il profilo del Duce, dall’altra lo stemma civico.

Ma tornando all’iter per la concessione dello stemma, si comprende bene come la relazione a Benito Mussolini svolta dal Commissario del Re presso la Consulta Araldica il 16 dicembre del 1938 in merito alle istanze presentate dal Podestà di Aprilia nel precedente mese di aprile, riporti un blasone nel quale non si parla del nastro ornamentale ma si richiamano le ornamentazioni caratteristiche degli stemmi civici: «Lo stemma proposto può così descriversi; campo di cielo, a cinque rondini di nero al volo spiegato, in formazione di cuneo rovesciato. Capo del Littorio: di rosso (porpora) al fascio Littorio d’oro circondato da due rami di quercia e d’alloro annodati da un nastro dei colori nazionali, sostenuto da una fascia d’argento. Ornamenti esteriori di Comune». Notiamo che nel blasone descritto nel testo nella concessione regia dello stemma e del gonfalone comunale, non si nominerà la «fascia d’argento» (in realtà, secondo una più precisa terminologia, considerata la ridottissima altezza di questo elemento, dovremmo dire il «filetto d’argento»), che pure era presente nel bozzetto originario, come nel testo della deliberazione del Commissario Prefettizio del gennaio 1938. Notiamo inoltre che il campo principale non è di azzurro, ma «di cielo». Si tratta di una variante dell’azzurro caratteristica dell’araldica italiana, che riproduce il cielo nel suo aspetto naturalistico, anche comprensivo di formazioni nuvolose indistinte. Di fatto non corrisponde dunque ad un campo ripieno di un piatto celeste (come poteva ad esempio essere inteso dalla suddetta deliberazione, in cui si parlava di un «campo celeste chiaro», non essendo necessariamente note agli amministratori comunali le regole per una corretta blasonatura). Esattamente il campo di cielo sarà quello descritto nella concessione di Re Vittorio Emanuele III con R.D. dell’8 aprile 1939: Campo di cielo, a cinque rondini di nero al volo spiegato, in formazione di cuneo rovesciato. Capo del Littorio, di rosso (porpora) al Fascio Littorio d’oro, circondato da due rami di quercia e d’alloro, annodato da un nastro dei colori nazionali. Ornamenti esterni da Comune.

Il Gonfalone concesso viene così descritto: drappo di colore nero, riccamente ornato di ricami d’argento e caricato dello stemma sopra descritto con l’iscrizione centrata in argento “COMUNE DI APRILIA”. Le parti di metallo ed i nastri saranno argentati. L’asta verticale sarà ricoperta di velluto nero con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma.

Il gonfalone, donato dal Comune di Capannori in provincia di Lucca (uno dei comuni rurali più grandi d’Italia) fu benedetto dal cardinale Granito Pignatelli di Belmonte e consegnato ad Angela Vacchi Curzola, colona di Aprilia e madre di dodici figli, scelta come madrina della Città appena inaugurata, il 29 ottobre dello stesso anno.

Lo stemma fu ufficializzato con la concessione dopo la fine della seconda guerra mondiale. Eliminata la «pezza» araldica innalzante l’emblema fascista, lo stemma sarà fissato nella sua forma attuale con decreto del 10 aprile del 1954 a firma del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Dall’originario stemma era stato correttamente rimosso solo il capo del littorio, in quanto le altre figure non evocavano la tramontata ideologia del deposto regime, ma si trattava di simboli universali e condivisibili anche nell’accezione originaria: la rondine, sul campo di cielo, è evocativa della primavera, dell’avvento di una nuova stagione che prelude al lavoro nei campi e al raccolto. Questo a differenza di quanto era accaduto con gli stemmi degli altri comuni di fondazione pontina, i quali hanno conosciuto nel dopoguerra una modifica molto più marcata o sostanziale. Possiamo forse pensare che lo stile con cui erano state rappresentate le rondini nello stemma di Aprilia potesse richiamare il glifo che era innalzato nell’emblema dell’Ala Littoria, la prima compagnia aerea di linea italiana di proprietà statale, data la forte somiglianza raffigurativa. D’altra parte le rondini dello stemma comunale nella formazione a cuneo rovesciato ricordavano proprio degli aeroplani, il che accentuava quel dinamismo già presente nella particolare forma dello scudo secondo il bozzetto originario dello stemma, foggia che, ben lontana dai canoni relativi alle armi civiche, era in perfetta linea con i canoni stilistici dell’epoca in cui irrompevano le suggestioni del futurismo e del razionalismo. Il connubio tra la vocazione bucolica di Aprilia e il mito del volo e della velocità caro al movimento futurista non è privo di fascino. Una cosa è certa: applicata la normativa che prevedeva la soppressione del capo littorio, il resto dell’impianto iconografico dello stemma civico il quale non prevedeva altri simboli utilizzati dal fascismo, poteva rimanere tranquillamente inalterato. Evidentemente, eliminato il capo littorio, era ancor meno necessaria la fascia (il filetto) d’argento che separava la pezza dal campo principale dello scudo. Nel documento presidenziale veniva concesso al Comune di Aprilia anche il gonfalone attualmente in uso, che invece aveva subito una modifica più sostanziale, essendo cambiato il colore del drappo; da nero, colore utilizzato per tutti i comuni di fondazione fascista ed evocativo dell’ideologia del regime, è stato cambiato in azzurro, che peraltro corrispondeva al colore originario richiesto a suo tempo dal Podestà di Aprilia perché meglio riflettesse la natura del neo costituito Comune.   Lo stemma nuovamente concesso è così blasonato: Campo di cielo a cinque rondini di nero al volo spiegato, in formazione di cuneo rovesciato. Il gonfalone ufficiale si presenta come un: “Drappo di colore azzurro, riccamente ornato di ricami di argento e caricato dello stemma sopradescritto con l’iscrizione centrata in argento “Comune di Aprilia”. Le parti in metallo e i cordoni sono argentati. L’asta verticale è ricoperta di velluto azzurro con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia è rappresentato lo stemma del Comune e sul gambo inciso il nome. La cravatta e nastri tricolorati dei colori nazionali e frangiati di argento”.

Lo stemma del Comune, oltre alla descrizione già citata, si compone di uno scudo di aspetto «sannitico moderno», che secondo il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 gennaio 2011 circa le «Competenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di onorificenze pontificie e araldica pubblica e semplificazione del linguaggio normativo» deve mantenere una proporzione di 7 moduli di larghezza per 9 moduli di altezza.  Lo scudo siffatto è timbrato da una corona «formata da un cerchio aperto da quattro pusterle (tre visibili), con due cordonature a muro sui margini, sostenente una cinta aperta da sedici porte (nove visibili), ciascuna sormontata da una merlatura a coda di rondine, ed il tutto d’argento murato di nero». Terzo elemento dello stemma è l’elemento decorativo: «consiste in due rami: uno di quercia con ghiande e uno di alloro con bacche, tra loro incrociati sotto la punta dello scudo e annodati da un nastro dai colori nazionali».

Il gonfalone consiste in un drappo quadrangolare di un metro per due del colore di uno degli smalti dello stemma del Comune, sospeso mediante un bilico mobile ad un’asta, ricoperta di velluto dello stesso colore con bullette poste a spirale, e terminante in punta con una freccia sulla quale è riprodotto lo stemma, e sul gambo il nome del comune. Il drappo riccamente ornato e frangiato, è caricato nel centro dello stemma del Comune, sormontato dall’iscrizione centrata: «Comune di Aprilia». La cravatta frangiata consiste in nastri tricolore. Le parti metalliche, i ricami, i cordoni, l’iscrizione e le bullette sono d’argento.

Nel 2012, a seguito del decreto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che conferisce ad Aprilia il titolo di Città, cambiano diversi dettagli dello stemma e del gonfalone. Oltre all’iscrizione «Città» invece che «Comune» al di sopra dello stemma, i comuni insigniti del titolo di «Città» utilizzano una corona turrita formata da un cerchio d’oro aperto da otto pusterle (cinque visibili) con due cordonature a muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili), riunite da cortine di muro, il tutto d’oro e murato di nero. Le parti metalliche, così come i ricami, i cordoni, l’iscrizione e le bullette a spirale del gonfalone, da argentate, passano ad essere dorate.

A conclusione di questo breve percorso può essere utile una riflessione finale sulla attualità della simbologia dello stemma di Aprilia, radicato nel nome della Città e nelle sue origini. Infatti, pur essendo scampato ai bombardamenti e alla damnatio memoriae seguita alla caduta del regime fascista, il contenuto dello stemma è stato in qualche modo superato dalla trasformazione della società civile e dell’economia, che ha fatto di Aprilia dal dopoguerra in poi un sito industriale. La Città ha visto una trasformazione del territorio che la circonda e uno sviluppo demografico ed edilizio che, insieme allo sviluppo industriale, rendono impossibile allo stemma così come concepito al momento della sua fondazione di essere pienamente espressivo della sua radicale trasformazione, della sua storia più recente e della sua contemporanea missione civica. E tuttavia, la composizione araldica, legata nella sua origine al significato bucolico del nome che intendeva celebrare il fiorire di una nuova vita nei territori prima inospitali e malsani delle paludi pontine, mantiene inalterata l’attualità di un messaggio: quello dell’aprirsi al futuro, al mutamento sociale e alle peregrinazioni in terra straniera, come quelle dei coloni chiamati a popolare i nuovi insediamenti. Lo stormo delle cinque rondini che si stagliano sul campo di cielo sembra un felice intramontabile simbolo della speranza di una sempre nuova primavera che può fiorire grazie al senso civico e al lavoro serio e generoso del singolo cittadino come della collettività di cui egli fa parte. 

Approfondimento a cura di don Antonio Pompili, Socio Ordinario dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano

Bibliografia:

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